“L’arte nella comunicazione sociale”, vuole essere un’occasione per riscoprire e valorizzare l’arte come strumento di comunicazione umana.
L’arte dice l’indicibile, offre espressione a ciò che non ha accesso alla parola, perché la trascende, perché non si lascia catturare dalle sue strette maglie, le maglie grammaticali, sintattiche, lessicali, che deformano e riformano, per adattare ad una forma-altra precostituita. Ogni parola è necessariamente un pregiudizio: una categorizzazione concettuale della realtà.
Il linguaggio artistico allarga le possibilità del comunicabile, oltrepassando la dimensione del significato, e accedendo a quella del senso, puntando quindi sulla dimensione evocativa, sinestesica; agendo come fonte di insight, intuizioni; fecondando l’UOMO-UNO, pronto a partorire nuove visioni di sé.
“Ciò di cui non si può parlare bisogna tacere”, sosteneva Wittgenstein. A questo Eco rispondeva: “Ciò di cui non si può teorizzare, bisogna narrare”. Esistono dunque espressioni vive dell’indicibile, sue trasformazioni alchemiche in forme molteplici. E dove vi è autenticità espressiva, lì s’annida la potenzialità artistica.
L’arte porta l’immagine trasformata della realtà, sottoposta al filtro-uomo.
Crediamo che l’arte possa essere riconosciuta per la sua capacità di moltiplicare i mondi, attraverso quella che Hillman (1984) definisce la base poetica della mente, una “redenzione della psiche dal suo pedestre realismo, un risveglio del cuore che immagina, delle sensibilità, delle intimità, dei ricordi”.
L’arte porta all’uomo il poetico. Rileggendo Kierkegaard: “La cosa fondamentale è mettere in tutti i modi il poetico in rapporto alla vita, esercitando un potere magico, far scintillare all’improvviso uno sprazzo di luce inaspettata…”.
Ciò significa affermare che il poetico ha una funzione reale. Non soddisfa un semplice piacere esteriore effimero, futile dimensione oziosa che elude il pragmatismo della vita. La vita è anche dimensione poetica, e l’arte può svelarla.
Non riconoscere il poetico come parte dell’umano, porta ad una scissione e ad una riduzione dell’uomo a frammento, ad arto, conducendo l’essere al nulla della pura materialità: superstizione della materia.
L’arte propone un linguaggio vivo, non alienato dalle componenti affettive e spirituali dell’umano. Un linguaggio che non si riduce a puro intelletto: linguaggio del pensiero e pensiero del linguaggio. L’arte aggiunge il soggetto alla comunicazione.
L’arte conserva fortemente l’aspetto analogico, che permette una rappresentazione del sottile, dello sfumato, del dinamico. Così conserva traccia della pluralità, della molteplicità, aprendo la possibilità ad un pensiero complesso, che non si arrende a forme stereotipate e unilaterali.
L’arte apre voragini di senso.
Sebbene sia impossibile definire icasticamente l’arte, certamente possiamo affermare che essa è in stretta relazione con la funzione digestivo-elaborativa dell’uomo, come suggerisce Hillman (ibidem):
“Un avvenimento diventa esperienza, si sposta dall’esteriore all’interiore, si fa anima, quando passa attraverso un processo psicologico, quando l’anima vi fluisce in uno dei suoi tanti modi […].
Questo permette un’altra importante operazione:
“L’anima rallenta la parata della storia; la digestione doma l’appetito; l’esperienza coagula gli avvenimenti. Credo che, se sapessimo esperire di più, ci sarebbe minor bisogno di avvenimenti, e avrebbe fine lo scorrere troppo rapido del tempo; credo anche che quanto non digeriamo si riversi altrove, negli altri, nel mondo politico, nei sogni, nei sintomi del corpo, diventando letterale ed esteriore (e lo chiamiamo storia), perché è troppo duro per noi e troppo opaco per poter essere squarciato o intuito […]. Quello che sperimentiamo davvero, filtrandolo attraverso un processo immaginativo, è tolto dalle strade del tempo e dal mare ignaro della nostra turbolenza mentale”.
L’arte, dunque, trasforma gli eventi in esperienza, digerendoli e venendo ad arricchire il bagaglio dell’umano - in ogni uomo - liberando dalla dimensione indigesta, che ha come unico destino, quello di inquinare (relazionalmente, emotivamente, culturalmente, spiritualmente).
Arte, dunque, come traghettatrice verso un territorio dove le regole sono diverse dalle consuete, poco note o addirittura sconosciute. Canale d’accesso, che sviluppa importanti facoltà umane:
- l’agire all’interno di mutamenti repentini, che permette di adattarsi meglio alla dimensione del reale: “sei più accessibile al mondo e il mondo è più accessibile a te”. Dall’adeguarsi - che comporta una privazione dell’IO - all’adattarsi, rendersi cioè “adatti a”;
- la possibilità di diventare attore, di portare innovazione e mutamento, in una situazione non passiva;
- la sospensione del tempo storico, dove il prima e il dopo cronologici vengono superati, per far emergere la dimensione del DURANTE; questo in una situazione in cui la soglia tra mondo interno e mondo esterno è più sottile. Ciò richiede un IO cosciente, che diriga le nostre azioni e torni a percepire il tempo biologico, il tempo delle cose vive.
L’azione è sempre del presente, perché “nulla può fermare la forza maestosa degli atti”.
Ivan Sirtori, Emilio Giossi
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