Pagine

IL DAIMON DELL'OPERATIVITA' SOCIALE: RE-IMMAGINAZIONE ED ELOGIO DEL MINORE

Paupera imago

Uno degli aspetti meno confortanti della cultura dell’educazione è la sua mancanza di immagini e di immaginazione. Il suo impetuoso e spesso un po’ patetico tentativo di allinearsi con le cosiddette scienze dell’educazione, il suo sforzo di assicurarsi quella “soglia” di epistemologizzazione che sembrerebbe essere la patente per poter accedere all’empireo dei saperi adulti e competitivi, la sua smania di disciplinarsi, l’hanno spesso condotta a smarrire la sua natura profonda e a adottare, come quei saperi già desertificati e prosciugati, un linguaggio del tutto privo di anima e sangue. Un linguaggio letterale, specialistico, totalmente spogliato di suggestione immaginativa.
L’aver prelevato alle scienze prossime e promosse una terminologia tecnica affollata di sindromi, disturbi, terapie, obiettivi, metodologie o peggio di inglesismi ancor più scarni e miserabili, non ha fatto che sancirne progressivamente l’incapacità a cogliere il proprio nucleo più essenziale.
E il suo nucleo essenziale è quello che alberga nella radice del suo nome, il nome del bambino, la regione della paidìa, lo spazio di uno sguardo che dall’infanzia e dal minore si apra sul mondo, per ri-vederlo, riscattarlo e farvi rifluire tutta l’immaginazione di cui è sprovvisto. In particolare proprio negli ambiti di esercizio delle pratiche educative. Quella del lavoro sociale con i minori e i minorati tra le altre, alle prese con i deficit, le riabilitazioni, le sue pratiche e i suoi contesti socio-educativi, psicosociali, socio-sanitari.

Continua...

Nessun commento:

Posta un commento