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DEL GIOCO (NEL VIAGGIO)

L’unico senso sta nel gioco.
La cultura nasce dal gioco del bambino.
Il gioco non ha un fine, né un senso a priori.
Avviene nel qui ed ora e crea il suo senso nell’atto del giocare, ma non è guidato da questo.
(il senso di imparare, il senso di perfezionare i sensi, il senso di comprendere il mondo, il senso di acquisire regole, modalità, attitudini, cultura, il senso di divertirsi, il senso di intessere relazioni, ecc.).
Ogni cosa realizzata con un senso a priori è guidata dalla fonte del senso attribuito, la mente.
Ogni cosa realizzata nello spirito autentico del gioco (senza un fine a priori, senza un passato ed un futuro che ne orientino l’azione) è guidata dal complesso corpo-cuore-mente-spirito-realtà, in modo organico e armonico.
Non si può dire che ci sia un IO che realizza qualcosa, ma eventualmente un in-dividuo che partecipa a qualcosa di più grande del suo stesso corpo, della sua stessa mente, del suo stesso cuore, del suo stesso spirito.
Il viaggio autentico è necessariamente gioco: il viaggio sta nell’andare, non nell’ottenere, nel raggiungere, nell’avere. Il viaggio come gioco realizza i più alti ottenimenti. Supera il viaggio come volontà, come sforzo, come impegno.
Il gioco non è divertissement, svago, distrazione dalla realtà.
Il gioco è proprio il movimento di contatto con il reale: metterci le mani, il cuore, la mente, lo spirito dentro e interagire creativamente, per contribuire a trasformarlo nel segno dei nostri talenti.
Il gioco dei piccoli ha delle forme, il gioco dei ragazzi altre, il gioco dei grandi altre ancora. Accudire la casa, procacciarsi le risorse necessarie per sopravvivere e vivere, per amministrare la vita, la famiglia, le amicizie, il tempo, ecc. è parte integrante del gioco adulto.
Il non-gioco è il lavoro, lo sforzo, l’aggressione, la competitività, l’affermazione del potere sugli altri, la gestione conflittuale delle relazioni. Il non gioco è frutto dell’inconsapevolezza umana, del tentativo dell’Io di affermarsi sugli altri Io, anziché entrare in relazione in modo cooperativo, per la reciproca crescita.
Il non-gioco è una creazione umana, orientata al suo trascendimento, ad essere superata per la riscoperta adulta del gioco consapevole, il gioco propriamente adulto, il gioco propriamente umano. Siamo sub-uomini (o quasi uomini) in gestazione, vicini alla nostra nascita umana.
Il non-gioco separa, il gioco riconnette, concilia, integra.
Il gioco riguarda sempre il presente, l’eterno e mutevole (nelle forme) qui ed ora.
Il gioco non ha aspettative, il gioco non ha desideri, il gioco non ha paure; il gioco ha solo il continuo farsi e disfarsi del gioco stesso e le sue conseguenze attive nella realtà. E quando compaiono aspettative, desideri, paure sono semplicemente manifestazioni del gioco, non orientamenti coercitivi per la volontà egoica.
Non è l’IO che governa il gioco, con fini di possesso, di guadagno, di miglioramento, di esibizione, di riconoscimento; è il gioco che governa l’Io, il quale si sottomette al gioco con tutte le sue doti e nell’alveo dei suoi limiti.
Il gioco è al contempo viaggio.
Il viaggio è l’ aspetto cronologico del gioco; il gioco è l’aspetto ludico e trasformativo (il divenire delle cose) dello stare nel tempo, trascendendolo attraverso la presenza all’attimo.
Il gioco è la natura stessa della realtà: Lila.

Ivan Sirtori

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