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CRISI = TRASFORMAZIONE



















Le rivelazioni del Cardinale Schoenborn.

Con chi parla Joseph Ratzinger? Chi ascolta? Nella Pasqua del quinto anno di pontificato la Chiesa sprofonda in una crisi devastante e non si intravvede ancora il cammino verso la resurrezione. Al contrario, le nubi si fanno più nere. Arrivano rivelazioni sempre più pesanti. In Inghilterra, dove il pontefice andrà in settembre, si preannunciano accese manifestazioni. Negli Usa (sondaggio Cbs) solo il 20 per cento approva il suo operato nella crisi. Mentre il Primate anglicano Williams attacca frontalmente la gerarchia cattolica per gli abusi in Irlanda. È una “passione” angosciante per la Chiesa cattolica. Non se ne esce, se non farà luce su tutti i crimini con un rigoroso esame di coscienza, che porti alla superficie omertà, errori, insabbiamenti e ritardi. Servono altri passi di Benedetto XVI. Si chiedono in America cosa faccia in queste ore l’inner circle del pontefice, la sua cerchia più stretta di collaboratori. Laggiù pensano che vi sia – come a Washington – uno staff di fidati consiglieri con cui il pontefice si consigli, analizzi la situazione, valuti le reazioni dell’opinione pubblica. Non è così. Papa Ratzinger opera in una solitudine monacale e imperiale. Gli è vicino il cardinale Bertone, segretario di Stato, gli è accanto il fedele segretario Gaenswein, ma sostiene un vecchio cardinale: “Il problema di Benedetto XVI è che non si lascia consigliare”. Soprattutto gli sembra estranea la concezione che l’opinione pubblica non sia una mera platea cui rivolgere discorsi, encicliche o ammaestramenti, bensì un interlocutore attivo che pone domande ed esige risposte.



In Vaticano regna un clima da stato d’assedio. Fra gli intimi del pontefice corre la convinzione che sulla stampa riecheggino le tirate di Goebbels contro la Chiesa cattolica, quando i nazisti cercavano di screditarla agitando le malefatte sessuali del clero. “Vogliono criminalizzarci in toto”, ha esclamato un prelato. “Vogliono distruggere la Chiesa”, insistono altri. L’Avvenire di venerdì portava otto lettere di lettori indignati per i cosiddetti attacchi al Papa: “Volontà di eliminare l’ultima voce di moralità… Campagna di stampa piena di disprezzo… Ipocrisia dei laicisti”. Per l’Osservatore Romano è in atto contro il pontefice un’ “ignobile azione diffamatoria”. In questo clima è nato l’ennesimo incidente tra Vaticano e comunità ebraica con la lettura del predicatore papale Cantalamessa di una “lettera di un amico ebreo”, che paragonava gli attacchi al pontefice alle persecuzioni antisemite dei nazisti . “Paragone ripugnante”, è stata la dura reazione degli ebrei tedeschi. Infuriato l’ebraismo internazionale. Il portavoce papale Lombardi ha dovuto smentire: “Non esprime la linea del Vaticano”.

Intanto fioriscono le attestazioni di solidarietà a Benedetto XVI, provenienti dagli episcopati e da esponenti più vari. Ma ciò non sminuisce una crisi, che scuote alle fondamenta credibilità e immagine della Chiesa cattolica, mentre la valanga delle rivelazioni è destinata a crescere. Nel palazzo apostolico non sembrano rendersi conto che di fronte alle testimonianze di centinaia e centinaia di abusi il vittimismo non è una via di uscita.

Ci sono fatti ormai accertati, che indicano la responsabilità diretta della Santa Sede nei decenni trascorsi. Lettere di denuncia a Paolo VI smarritesi chissà dove. Lentezze ed esitazioni che hanno permesso al violentatore di duecento bambini sordomuti di chiudere i suoi giorni, indossando la tonaca sacerdotale. Insabbiamenti di dossier pesanti, come quello del fondatore dei Legionari di Cristo Macial, nei cui riguardi soltanto nel 2004 il cardinale Ratzinger ha potuto aprire un procedimento d’inchiesta. Infatti all’interno della Curia di papa Wojtyla c’erano forti opposizioni. Ci vollero anni e anni, nonostante le sollecitazioni del vescovo locale, perché un prete violentatore fosse condannato alla riduzione allo stato laicale dopo il suo appello alla Congregazione per la Dottrina della fede. C’era in Vaticano, dinanzi alle notizie di abuso, chi tendeva a troncare e sopire. E’ stato il cardinale Schoenborn di Vienna a raccontare pubblicamente che quando a metà degli anni Novanta scoppiò in Austria lo scandalo dell’allora arcivescovo di Vienna cardinale Groer (accusato di pedofilia e poi costretto alle dimissioni), il cardinale Ratzinger “non riuscì” a far partire un’inchiesta per accertare gli abusi.

Abbiamo la testimonianza diretta di una conversazione di Schoenborn con Ratzinger nell’anno 1995: “Mi disse con tristezza: l’altro Partito l’ha avuta vinta”. Cioè il partito della Segreteria di Stato. Dalle parole di Schoenborn si capisce come potevano andare le cose in Vaticano.“Esponenti della Curia persuasero Giovanni Paolo II che i media avevano esagerato la questione e che un’inchiesta avrebbe soltanto creato cattiva pubblicità”.

Cattiva pubblicità… Ecco la parola chiave per spiegare decenni di omertà, inerzie, colpevoli lentezze, di cui le gerarchie ecclesiastiche in tante parti del mondo portano responsabilità. Esattamente ciò che Benedetto XVI ha stigmatizzato nella sua Lettera ai cattolici irlandesi: “Preoccupazione fuori luogo per la reputazione della Chiesa e per evitare scandali”. Ma seppure nella lettera papa Ratzinger è stato coraggioso e rigoroso nell’indicare la strategia per combattere gli abusi, ora nessuno può credere che la Chiesa cattolica possa risorgere dalla crisi senza aprire gli archivi, senza fare piena luce sulle segnalazioni pervenute in Vaticano nei passati decenni, senza confessare apertamente ciò che è stato fatto e non fatto. “Rendere conto dei misfatti senza tentennamenti e minimizzazioni”, ha sintetizzato il cardinale Scola di Venezia. E l’iniziativa tocca al pontefice. Papa Ratzinger, più lucido di molti suoi difensori, deve evitare di farsi soffocare dal professor Ratzinger. Dalla sua tendenza a considerare le questioni in astratto, dal credere che basti intervenire autorevolmente una sola volta perché tutto sia chiarito, dal suo atteggiamento di chiusura verso le domande scomode dei mass media. È stato un errore non dire una parola sugli scandali il Giovedì Santo. È stato sconsolante vedere che il cardinale Ruini alla Via crucis ha by-passato il tema della “sporcizia nella Chiesa”, che il cardinale Ratzinger aveva sollevato a voce alta nel 2005. Questa Pasqua è per la Chiesa una traversata del deserto. Ma senza un rigoroso esame di coscienza e una piena confessione dei fatti oscuri del passato, non arriverà alla pace.

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